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Divorzio con fido: chi si tiene il cane?

Divorzio con fido: chi si tiene il cane?

Questa discrepanza tra realtà sociale e normativa sta generando un crescente dibattito nel mondo giuridico, con la giurisprudenza che tenta di colmare il vuoto legislativo attraverso sentenze innovative. I tribunali italiani stanno infatti sempre più frequentemente riconoscendo gli animali come "soggetti giuridici senzienti con relazioni di affezione", superando la tradizionale classificazione come res. Emblematiche in questo senso alcune recenti pronunce, come quella del Tribunale di Roma che ha stabilito l'affido condiviso di un cane con periodi alternati di sei mesi per ciascun partner in caso di separazione, o quella del Tribunale di Cremona che ha previsto una suddivisione equa delle spese di mantenimento dell'animale tra gli ex coniugi. Il confronto con altri paesi europei evidenzia un ritardo significativo dell'Italia in questo ambito: la Spagna ha già modificato il proprio Codice Civile includendo disposizioni specifiche sulla custodia degli animali nei casi di separazione, l'Austria riconosce dal 1988 che "gli animali non sono cose", la Francia dal 2015 li definisce "esseri viventi dotati di sensibilità" e la Germania ha elevato la tutela degli animali a rango costituzionale. Le implicazioni di un necessario adeguamento normativo sarebbero significative in diversi ambiti del diritto: dal diritto di famiglia, con la regolamentazione dell'affidamento in caso di separazione, al diritto successorio, con la possibilità di includere disposizioni specifiche per la cura dell'animale dopo la morte del proprietario, fino al diritto civile, con una ridefinizione dei criteri di risarcimento in caso di danno che consideri non solo il valore economico ma anche quello affettivo. L'evoluzione normativa in altri paesi europei dimostra che è possibile costruire un framework giuridico che, pur mantenendo le necessarie distinzioni, riconosca agli animali domestici uno status più coerente con il ruolo che effettivamente ricoprono nelle nostre vite. Paesi come l'Austria, la Germania e la Svizzera hanno introdotto modifiche sostanziali nei loro codici civili, riconoscendo agli animali uno status autonomo rispetto alle cose, mentre i Paesi Bassi e il Portogallo hanno seguito percorsi simili negli ultimi anni. La sfida per il legislatore italiano non è solo tecnica ma culturale: si tratta di adeguare il diritto a una sensibilità sociale già profondamente mutata, come dimostrano le sempre più frequenti pronunce giurisprudenziali che tentano di colmare questo vuoto normativo. Il passaggio da "oggetti" a "soggetti" non rappresenta una mera questione semantica, ma un'evoluzione necessaria per tutelare legalmente quei legami affettivi che, di fatto, già esistono in milioni di famiglie italiane. In un contesto europeo sempre più attento ai diritti degli animali, l'Italia non può permettersi di rimanere ancorata a una visione anacronistica che non riflette più la realtà sociale e affettiva delle famiglie moderne. Il cambiamento normativo appare dunque non solo auspicabile ma necessario per allineare il nostro ordinamento alle più evolute legislazioni europee e, soprattutto, alla crescente sensibilità della società civile verso il benessere animale.